“Come with me”
“Let’s go with the princess”
“Yes, I am a princess”
Landing is not the last effort they have to deal with. It is only one of the many obstacles they have to overcome in order to achieve freedom, their freedom. That freedom, strived for youth, made of freely living without any problems. “I’m an adolescent, I don’t know what´s happening to me. My body, my thoughts, everything is changing. Although changes and war, I must survive!” They are escaping: from war, hunger, thirst, violence, abuses, wiped out hopes and the forthcoming death. They abandon their family and friends. They are no longer safe. Their beautiful cities have been destroyed, overpowered by hate. That kind of hate, that lasts over time and does not make room. No room for anything, not even for corpses. “I could be one of those corpses, it’s better to run away!”. Once arrived, some are disoriented; their eyes are full of terror. That terror, which has infested their minds and hearts during these months lasting trip. Their eyes are lifeless because of physical and mental tortures inflicted both overboard and on land. Others arrive with the dream to rejoin a relative or a friend, which “made it through Europe!”. Sicily, we are almost there! Yes, I saw them. I had the honor to watch and go along with them during their last strain: the post-landing inspections. While they were arriving into the harbor of my city, I remembered all the newscast scenes and I can state that they are as we see them on television.
Trauma senza fine: giovani migranti in “fuga” dalla realtà
“Andiamo con la principessa”
“Venite con me”
“Andiamo con la principessa”
“Si, sono una principessa”
Lo sbarco non è l’ultima fatica che devono affrontare, è soltanto uno dei tanti ostacoli che devono superare per raggiungere la libertà, la loro libertà, quella a cui tutti i ragazzi aspirano, quella del vivere liberi dai problemi e godersi la vita: “Perché sono un adolescente, perché non so cosa mi sta succedendo, qui cambia tutto, il mio corpo cambia, cambiano i miei pensieri. Ma c’è la guerra, devo sopravvivere, intanto continuo a cambiare, ma devo sopravvivere!”. Scappano, scappano dalla fame, dalla sete, dalle violenze, dai maltrattamenti, dagli abusi, dalla morte dietro l’angolo, dalle speranze distrutte, dagli affetti, dagli amici, non sono più al sicuro. Le loro bellissime città sono distrutte, annientate dall’odio, quello che persiste nel tempo e non lascia spazio, non c’è spazio per nessuno, non c’è più spazio nemmeno per i cadaveri. “Tra i cadaveri potrei esserci io, allora, Sì scappiamo!”. Arrivano disorientati, alcuni hanno gli occhi spenti dal terrore, quello che ha pervaso le loro menti e il loro cuore durante i mesi di viaggio, occhi spenti dalle torture fisiche e psicologiche subite in mare e in terra. Altri, arrivano con gli occhi sognanti, sognano di poter raggiungere un parente o un amico che “ce l’ha fatta”, è riuscito ad arrivare in Europa. Sicilia, ci siamo quasi! Si, io li ho visti, ho avuto l’onore di guardarli, di accompagnarli pochi minuti durante l’ennesima fatica, i controlli post-sbarco. Mentre li vedevo arrivare, scesi, dal gommone che dalla nave che li conduce dentro i confini del porto della mia città, ricordavo le scene che che mandano in tv, sì sono come li vediamo in tv....